“Libribelli”, il libraio-filosofo che regala alla sua città romanzi e saggi gratis
A Trieste la libreria dove i volumi esposti non hanno prezzo e vengono presi senza alcun obbligo di scambio o restituzione
di Lilli Goriup
A Trieste, in via Risorta, ha aperto di recente un punto di ristoro dello spirito. Si tratta di Libribelli, una delle quattro librerie “libere” al mondo, nata dall’ispirazione del titolare Giorgio Cescutti. Ogni passante è invitato a fare una sosta: a rinfrancargli l’animo troverà qui centinaia di volumi, tenuti insieme dal marchio della gratuità. «Questo libro non si compra e non si vende», è la scritta impressa dal timbro di Giorgio sulla prima pagina di ogni testo.
Dagli Stati Uniti a Trieste
Solo altre tre città, come detto, vantano esperienze simili. Tutto è iniziato a Baltimora con “The book thing”, che ospita oggi 150mila volumi; seguono Madrid e Bologna. Nel capoluogo emiliano c’è “Libri Liberi”, che ha preso vita da un progetto del 2013 di Anna Hilbe, tra le fondatrici, nel 1977, della celebre Libreria delle donne. È a lei che Giorgio si è rivolto per creare “Libribelli”. «Ho scoperto dell’esistenza di questi luoghi per caso, grazie a un articolo su internet – dice -. L’iniziativa mi ha colpito da subito, così ho contattato Anna per saperne di più. Intanto, l’idea di avviarne una a Trieste si faceva strada nella mia mente».
Oltre il bookcrossing
L’inaugurazione è avvenuta qualche settimana fa, con un brindisi informale tra gli abitanti di San Giusto. Ma come funziona una libreria “libera”? Cosa cambia rispetto a una biblioteca, o alla pratica del bookcrossing? «Semplice: non c’è l’obbligo della restituzione, né quello dello scambio – spiega Giorgio -. Chi vuole prende un libro, chi vuole lo porta, magari per svuotare la cantina. In meno di un mese abbiamo già riempito le mensole e stiamo parcheggiando i libri “in doppia fila”, grazie al passaparola». Sopra la stanza campeggia, scolpito nel legno, il nome “Libribelli”, che ciascuno interpreterà come meglio crede: un elogio della bellezza insita nella cultura, o della ribellione alla logica del profitto. Lo spazio, 20 metri quadrati tappezzati di scaffali, è suddiviso in due sezioni, la letteratura italiana e quella straniera. «È un mio vecchio magazzino, che ho voluto trasformare in qualcosa di più utile, aprendo le porte alle persone – prosegue Giorgio -. Metto tutto di tasca mia, lavori di mantenimento e bollette, ma chi vuole può dare un contributo».
Il personaggio
L’allegro accento romanesco del titolare non tradisce le sue radici giuliane, anche se a queste terre si è ricongiunto 22 anni fa: «Sono nato da madre istriana e papà triestino, trasferiti per lavoro nella capitale, dove sono cresciuto – racconta -. Anch’io mi sono spostato per lavorare, tornando a Trieste, dove dei cugini mi attendevano, con un’opportunità d’impiego stagionale come bagnino». Estate dopo estate, Giorgio ha finito per stabilizzarsi in nostra città, dove oggi lavora nel sociale e presta volontariato come clown di corsia, con i bambini malati. E da dicembre trova anche il tempo per Libribelli, un regalo a Trieste, che ha subito ricambiato l’offerta. Sono infatti già tre i volontari, tutti residenti in zona, che di loro iniziativa aiutano Giorgio con i turni della libreria: «Nei giorni feriali siamo aperti ogni mattina dalle 9.30 alle 11.30, e i pomeriggi di martedì, giovedì e venerdì, dalle 16.30 alle 19.30. Questo è possibile grazie a Malchisa, Francesca e Franz, che mi danno una mano», dice. Libribelli si può contattare anche attraverso la pagina Facebook dedicata.
L’etica del dono
«Molti mi augurano in bocca al lupo, e io rispondo: “Ma de che?” – scherza Giorgio – Faccio tutto gratis: non può andarmi male. Anzi, non vedo l’ora che arrivi la bella stagione, per appendere un’amaca su cui passare i pomeriggi a leggere. In passato non sono stato un avido lettore, voglio recuperare il tempo perduto». C’è poi chi esita a prendere i libri: «Alcuni sono timidi, o non si capacitano di non dovermi nulla», continua il titolare. Per il filosofo Jacques Derrida, il dono più puro è quello di ciò che non si possiede: il tempo. Giorgio Cescutti, che ha realizzato questo paradosso nel cuore di Trieste, conclude: «Oggi si è perso il contatto tra le persone: spero che questo posto diventi un’occasione per parlare, incontrarsi. Lasciando fuori dalla porta il dio denaro, per una volta in secondo piano rispetto a ciò che piace fare».
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