Secondo ospite della serata del 28 Luglio, sul palco di Capalbio Libri, Michele Santoro presenta il suo libro “Nient’altro che la verità” e viene intervistato da Michela Tamburrino.

Il titolo è sicuramente emblematico, perché raccogliere le testimonianze di un uomo che per sua ammissione ha ucciso più di 80 persone richiede senza alcun dubbio una forza non indifferente.
In una serata di grande impatto emotivo, la personalità forte di Santoro non si trattiene e tocca più tematiche, passando dalla denuncia politica ai commenti sul sistema di magistratura, citando Avola e focalizzandosi, al termine dell’intervista ma sempre con veemenza, anche sul sistema d’informazione italiano. Si apre così un dibattito a tutto tondo di rilevanza sociale, a tratti provocatorio ma sicuramente di critica analitica.

Maurizio Avola è il protagonista del suo libro, non è tanto noto quanto Tommaso Buscetta – che viene oltretutto citato svariate volte da Santoro nel corso della serata – e non è un vertice come Totò Riina, ma è un killer dotato di determinismo, precisione e una tale lucidità che lo hanno reso partecipe nella maggior parte dei momenti decisivi.
Avola si è rapportato con Matteo Messina Denaro e, con lui, è stato coinvolto in diverse dinamiche che racconta come pezzi di un mosaico ponendo il focus sulle trame intrecciate di Cosa Nostra. Le sue rivelazioni vengono raccolte dal giornalista che, per approcciarsi a quella che diventerà una delle inchieste più importanti della sua vita, necessita di fare tabula rasa e accogliere ogni dettaglio privo di pre-giudizi che potrebbero risultare fuorvianti. Santoro deve entrare nell’ottica dell’intervistato, deve a-criticamente ascoltarlo e, come ammette senza filtri, lo fa con un’iniziale difficoltà.

Sul palco di Capalbio Libri racconta del modo in cui oggi, nell’immaginario collettivo, si associ Cosa Nostra a ciò che era 30/40 anni fa, anche se “dal ‘94 agli ultimi tempi non ci sono stati più attentati” perché – come dichiara – “non ci sono più i partiti forti di una volta. E la Mafia è un sistema nel sistema”.
Michele Santoro sostiene che l’informazione tende a “raccontare ciò che è giusto”, anche se si dovrebbe tener conto del fatto che la società sia coinvolta in una perenne dinamica evolutiva e che “ciò che è giusto” si percepisce come tale sulla base del concetto di competenza. “Per competenza ci spacciano qualunque tipo di politica”, afferma.

Secondo il suo punto di vista, infatti, sarebbe necessario spostare la telecamera sui nei del sistema, dar voce ad una libera informazione – “anche al 40% della popolazione che oggi si dichiara in dubbio riguardo la vaccinazione per covid19”, ad esempio – ai fini di un flusso comunicativo equo e bilanciato che non cavalchi l’onda del politicamente corretto e dell’opinione maggioritaria e che non si inginocchi al monopolio dei format americani dilaganti.