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«È grande errore parlare delle cose del mondo indistintamente e assolutamente, per così dire, per regola; perché quasi tutte hanno distinzione ed eccezione per la varietà delle circustanzie, le quali non si possono fermare con una medesima misura: e queste distinzione ed eccezione non si trovano scritte in su’ libri, ma bisogna la insegni la discrezione». Le «circustanzie» di cui scriveva Guicciardini non si ordinano nelle semplificazioni eccessive, nei binomi bianco-nero, nella semplice «logica dilemmatica», che era invece seguita da un contemporaneo di Guicciardini, il Machiavelli. Se si vuol «ragionare dello Stato», bisogna distinguere, comprendere le differenze e i particolari, e le situazioni nuove, evitando di partire dai dogmi (è questa la «discrezione» guicciardiniana) e di ascoltare gli umori di una stagione. E quindi affrontare i modi in cui si presentano oggi i rapporti tra la società e chi la governa, evocando il passato non perché fornisca paradigmi di confronto, ma perché permetta di capire il formarsi del presente
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Come è possibile, si chiedeva Paul Klee a proposito degli italiani, che una «marmaglia miserabile» sia stata l’artefice del Rinascimento? Ancora oggi l’Italia è piena di paradossi. Le regioni del Nord hanno un grado di sviluppo paragonabile a quello delle nazioni europee più avanzate, mentre il Mezzogiorno non riesce a stare al passo. Gli italiani, malgrado un’allarmante disaffezione nei confronti della politica, garantiscono sempre un’alta percentuale di votanti a ogni elezione. Pur vivendo una sostanziale «pace sociale», l’Italia è percorsa dalla paura. Contraddizioni che affondano le radici nella storia, e che nella perdurante crisi delle istituzioni sembrano trovare la linfa per perpetuarsi. Sabino Cassese scrive che sono proprio le istituzioni a dettare le regole del gioco, ed è dal loro stato di salute che dipende la corretta gestione della Repubblica, vale a dire il buongoverno. Il nostro attuale assetto istituzionale soffre di alcuni difetti – l’indebolimento dei partiti come organizzazioni sociali, il deperimento del Parlamento, il corto respiro della politica – che hanno rimodellato non solo l’architettura dello Stato, la sua amministrazione e la sua burocrazia, ma anche la politica, l’economia, il costume e la morale pubblica. Il Paese è attraversato da correnti populistiche e da pulsioni autoritarie, insofferente nei confronti delle élite, illuso dalla democrazia digitale, vittima di paure imposte più dalla narrazione dei fatti che dai fatti stessi, rancoroso e scoraggiato, intimorito dalla globalizzazione. Eppure – ricorda Cassese – alle ombre si accompagnano le luci: l’essere parte dell’Unione europea, il civismo e il volontariato sempre più diffusi, le innumerevoli iniziative sociali, la sensibilità nei riguardi delle comunità, l’attenzione – sia pure passiva – per la politica, la Costituzione con la sua ricchezza ancora inespressa. Contraddizioni di un Paese attraversato da un profondo malessere, ma che nei momenti più difficili ha trovato l’energia e la vitalità necessarie per aprirsi alla speranza.
Sabino Cassese è professore alla School of Government della Luiss e alla Católica Global School of Law di Lisbona. È stato professore nelle università di Urbino, di Napoli, di Roma e nella Scuola Normale Superiore di Pisa. Ha inoltre insegnato alla Law School della New York University e al Master of Public Affairs dell’Institut d’études politiques di Parigi. È stato ministro della Funzione pubblica nel governo Ciampi e giudice della Corte costituzionale. Tra le sue opere più recenti ricordiamo Governare gli italiani. Storia dello Stato (2014), Dentro la Corte. Diario di un giudice costituzionale (2015), Territori e potere. Un nuovo ruolo per gli Stati? (2016), La democrazia e i suoi limiti (2017) e La svolta (2019).