La prima serata del 2 Agosto, il palco di Capalbio Libri, ospita il format Capalbio Talks con Isabella Borrelli e Sebastiano Maffettone, e la conduzione di Giulia Cerasoli.
Due generazioni a confronto e due mondi che sembrano non potersi toccare ma che, in qualche modo, trovano spazio per incontrarsi su alcuni principi morali non troppo discordanti.

La giovane Isabella Borrelli, femminista, attivista e appartenente alla comunità LGBTQ+ chiarisce subito il concetto di genere affermando che dovrebbe essere ancorato a delle norme e principi sociali, non solo al sesso biologico.
L’identità di genere riguarda tutte le persone che sentono di appartenere ad un genere diverso rispetto a quello che l’anatomia assegna loro, oppure che non sentono di appartenere del tutto né al genere femminile né a quello maschile, o la cui identità di genere è fluida, oscillando tra il femminile e il maschile. Il genere espresso da una persona va oltre gli stereotipi binari (M o F).

Si approfondisce, inoltre il sostantivo “queer”, appartenente alla lingua inglese, che affonda le proprie radici nel lontano ‘500 – quando era inteso con il significato di “strano, eccentrico, particolare”, utilizzato alla stregua di un insulto per indicare gli “omosessuali maschi effeminati” -. La teoria queer sarebbe un modo per oltrepassare l’altissima barriera dell’eteronormatività, dello stereotipo e, quindi, uno strumento utile per procedere con gli studi di genere e per ampliare gli orizzonti delle identità sessuali e di genere. Al termine “queer” veniva contrapposto quello di “straight” che per definizione significa “diritto/dritto” e assume l’accezione di “giusto”, “a posto”, “normale”.

Maffettone, a riguardo, afferma che “nei termini del possibile, ognuno dovrebbe essere libero di scegliere armoniosamente le proprie forme del sé”, ma c’è un problema politico alla base, che riguarda appunto la libertà. Il filosofo cita tre temi che, a suo parere, sono intrecciati e riguardano questo macro-argomento: i diritti elementari, il matrimonio e l’adozione mentre afferma che, pur essendo l’etica opzionale, il diritto è obbligatorio, dunque trasformare dei principi morali in legge richiede una lunga riflessione e non è un processo così immediato.
E quando, ad Isabella Borrelli, viene chiesto se si sente libera di essere se stessa, lei risponde di essere privilegiata e di essersi dovuta guadagnare ogni libertà minima – che dovrebbe essere alla base di un buon funzionamento della società -. “Oggi posso parlare liberamente della mia compagna, posso dire che a casa c’è qualcuno che mi aspetta e sono completamente out anche in ambito lavorativo, ma non è così scontato. Ad una donna in carriera che occupa una posizione di potere viene spesso detto di non rendere esplicita la sua condizione sentimentale se non rientra nei canoni imposti dalla società”.

E continua “Essere privilegiati non è una colpa […] se sei uomo, etero e bianco è sicuramente più semplice. Il privilegio dà il dono dell’invisibilità e chi non lo detiene, spesso, deve rapportarsi con persone che si sentono legittimate ad esternare il proprio odio”.
“Mi è successo di essere stata inseguita ed intimidita da alcuni ragazzi mentre rientravo a casa con la mia ragazza […] il fatto che succeda anche alle donne etero chiarisce il fatto che questa debba essere una battaglia intersezionale”.
“Dover richiedere dei diritti minimi, umani, di civiltà come se stessimo portando avanti una lotta avanguardistica e futuristica mi costerna molto, perché si parla di parità e non di un di più”.
Poi, in risposta a chi si appella alla cancel culture come metodo per imporre il “politicamente corretto” sulla libertà di espressione, la Borrelli afferma “La vera cancel culture è stata dire che un certo tipo di uomo, di valore e di amore fosse giusto e cancellare il resto. La vera cancel culture è stata cancellare tutti”.